Il Generale L. Cadorna

La Linea Cadorna

Con il nome di "Linea Cadorna" si intende il sistema di fortificazioni militari costruito durante la Prima Guerra Mondiale tra il Lago Maggiore e il Monte Massone. Le fortificazioni comprendono un fìtto reticolo di mulattiere militari, trincee, postazioni d'artiglieria, luoghi di avvistamento, ospedaletti e strutture logistiche, centri di comando. Furono volute dal generale Luigi Cadorna di Pallanza, capo di stato maggiore dell'esercito italiano, per difendere il confine da un ipotizzato attacco austro-tedesco attraverso la Svizzera mai avvenuto. Esse coprono, nella logica della "guerra di posizione", un dislivello di 2.000 m tra la piana del Toce e il Monte Massone e fra il Lago Maggiore (Carmine inferiore) e il Monte Zeda e proseguono nelle Alpi centrali fino alle Orobie. UN PO' DI NUMERI: tra l'Ossola e la Valtellina furono costruiti 72 km di trincee, 88 postazioni di artiglierie di cui 11 in caverna, 296 km di strade carrozzabili, 398 km di mulattiere. I lavori costarono più di 100 milioni di lire del tempo e impiegarono oltre 15.000 operai. In un'economia di guerra, i lavori ebbero un impatto positivo per le popolazioni locali in quanto offrirono lavoro retribuito a muratori e scalpellini e costituirono una prima occasione di lavoro salariato per la manodopera femminile impegnata nel trasporto dei viveri alle squadre in montagna.
Da scheda n. 3 "Di verde, di blu e di parchi" Provincia del Verbano Cusio Ossola – 1999

ITINERARIO:

Da San Martino culmine per carrareccia e poi ripido sentiero si sale al monte Colonna, con bellissimo panorama sulla Val Cuvia. Quindi per breve cresta e ripida discesa nel bosco si giunge all'albero della foto ricordo. Poi per carrareccia si giunge a San Michele, dove al ristoro si può prendere un caffè. Visita alla chiesetta e breve deviazione (10") per salire ad un poggio con splendida vista sul lago maggiore, le alpi, i monti della Val Grande e Svizzeri. Quindi seguendo la pista da fondo, con grandi improvvisi panorami sul lago, si giunge al forte di Vallalta, che si può visitare all'interno. Si sale quindi al buco del diavolo (camino che collega due piani di trincee), si sale ad un poggio panoramico sull'alto lago e quindi per trincee prima e per ripido sentiero dopo, visitato un altro poggio strapiombante sulla val Cuvia si giunge al San Martino, dove v'è il monumento in ricordo della battaglia, la chiesa e il ristoro. San Martino ha un grande panorama circolare. Tempo dell'intero anello: 4/5 ore.

Tempo in autobus da Laveno a San Martino: 1 ora

Pranzo al sacco.

La linea Cadorna è presente nel Varesotto in modo massiccio. Come per l'ossola, nella prima guerra mondiale non servì a nulla; il forte di Vallalta, sul San Martino, fu invece luogo di una dura battaglia nel 1943.
L'episodio militarmente più significativo della Resistenza nel Varesotto fu senza dubbio la battaglia del San Martino. Su questa vetta affacciata alla Valcuvia un gruppo di militari al comando del colonnello Carlo Croce, medaglia d'oro al valor militare alla memoria, per due mesi oppose resistenza al dominio nazista nelle vecchie fortificazioni della linea Cadorna. Romano, classe 1892, già ferito e decorato sul Carso nella Grande Guerra, Croce era stato richiamato in servizio nel 1940 con il grado di tenente colonnello; nel 1942 era sfuggito all'inferno del fronte russo. L'8 settembre era di stanza a Porto Valtravaglia con un distaccamento del 3° reggimento Bersaglieri. Con i suoi soldati Croce si arroccò in cima al San Martino con un reparto che chiamò "Esercito Italiano - Gruppo Cinque giornate" e dando al suo gruppo il motto “Non si è posto fango sul nostro volto".
Dopo due mesi di attestazione sulle fortificazioni, volute vent'anni prima dal generale Cadorna, i tedeschi il 13 novembre 1943 scattarono all'assalto con gli Stuka in picchiata - i temibili bombardieri la cui sirena gelava il sangue di soldati e civili - e a terra con 3.000 uomini armati di tutto punto.
Croce guidò i suoi 180 uomini con abilità e sangue freddo, da veterano quale era, resistendo due giorni al martellamento nemico. La cronaca riporta un aereo abbattuto e alcune autoblinde nemiche distrutte in un campo minato. Infine, ferito egli stesso, Croce si aprì la strada verso la Svizzera e la salvezza con i sopravvissuti, salvando anche i feriti più gravi e ritirandosi per ultimo dopo aver fatto saltare il forte Vallalta. Mesi dopo Croce rientrava in Italia, ma, ferito di nuovo, mutilato di un braccio e catturato dai nazisti, morì il 24 luglio 1944.
La battaglia del San Martino, condotta da un ufficiale formatosi nella Grande Guerra come Croce, è stata criticata (a ragione) come esempio di ciò che un esercito guerrigliero non dovrebbe fare; analoga critica viene mossa all'impresa del capitano Beltrami, da tutt'altra parte: arroccarsi, concentrarsi in poco spazio, stare sulla difensiva. Indiscutibile resta invece il valore morale della testimonianza data. Va rilevato che queste furono azioni partigiane ante litteram, condotte da militari che volevano restare fedeli al giuramento dato e non arrendersi al nemico.